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Trentaseiesimo giorno – 7 luglio

luglio 7, 2022

Sono quasi ai titoli di coda. Ieri sera il mio programma per festeggiare l’epilogo di questo viaggio era piuttosto alcolico. Mi avvio in metrò verso la zona calda di Palermo dove avevo già trascorso altre serate. Quando scendo dal treno devo camminare comunque un chilometro a piedi, pioviggina ma alzo il cappuccio e proseguo. Ad un certo punto, lungo un marciapiede che costeggia dei palazzi, noto una luce provenire da una rientranza e alcuni giovani che si infilano dentro. Istintivamente lì seguo perché la pioggia diveniva più insistente.  Non si trattava di un locale. Era una Cappella e stava per iniziare una funzione religiosa. Ho pensato subito che effettivamente prima dei festeggiamenti ci sono i ringraziamenti e provvidenzialmente il mio amico Gesù mi ha invitato a modo suo qui dentro. Anche qui le voci soavi dei canti seguono melodie romantiche che risvegliano desideri di fratellanza e di pace. Esco un po’ redento e cerco l’Irish pub che avevo oltrepassato due sere fa. Da fuori sembra chiuso, ma la porta si apre. Dentro pochi avventori. Mi bevo due pinte di Guinness con il sottofondo di folk irlandese. Ordino un piatto di papas fritas per riempire un po’ lo stomaco. Poi esco e mi dirigo verso una specie di garage-discoteca dove avevo sentito che stasera si ballava. All’ingresso non fanno entrare tutti. Quando arriva il mio turno, il tipo mi chiede: “Estas con las chicas?”, erano appena entrate delle ragazze e lui forse mi ha preso per il loro autista. “Claro que sì” rispondo prontamente.  Entro e l’aspetto è quello dei più squallidi ambienti anni ottanta.  Alcuni divanetti e poltrone neri, sparsi qua e là, due banchi con gli alcolici, soffitto basso con le luci strobo e due sfere a specchi che girano. Le palle dopo un po’ girano anche a me, la pista è vuota, forse è troppo presto. C’è il gruppetto con gli sfigatini come da noi e il gruppetto di ragazze con la portatrice di figa che se la tira. Mi prendo un fernet con ghiaccio, lo bevo ed esco. Mi avvio verso lo “Strummer bar” dove l’altra sera sì era esibito un bel gruppo. Mi siedo al bancone e bevo un altro paio di fernet con ghiaccio. Qui in Argentina è l’aperitivo più popolare. Inizia uno spettacolo di cabaret o burlesque e poi prende il palco un gruppo blues che riscalda subito l’atmosfera. Ora posso dirmi completamente soddisfatto. Stamattina ho finito di sistemare lo zaino, sono uscito al supermercato a cercare le bustine di mate e non ho mancato all’appuntamento con il caffè e la medialuna. Ho salutato il buon Guillermo e il suo cane Moro. Il padrone del mio appartamento è un signore molto gentile e disponibile. Mi ha dato tanti suggerimenti per muovermi qui. Sicuramente se mi capiterà di ritornare da queste parti questo alloggio sarà la mia prima opzione. Ora qui in aeroporto mi sento un po’ triste, mi ero un abituato a questa vita randagia, a stare da solo. Sapevo che si trattava di una parentesi, che la mia vita è a casa mia e, a dire il vero, non vedo l’ora di vedere i volti famigliari. So anche che fra una settimana quest’esperienza mi sembrerà lontana, farà già parte del passato. Non sono migliorato ne peggiorato credo, arricchito sì. Quando chiuderò gli occhi scorreranno molte volte davanti a me le immagini di questo viaggio, ne respirerò i profumi più belli. Stando da solo mi sono abituato a rimanere a lungo senza parlare, credo che farò fatica a conversare, per un po’, soprattutto di cose banali. Ho staccato un po’ la spina dai miei meccanismi abituali, forse le camminate in montagna saranno tra le cose che più apprezzerò di più nelle prossime settimane. Stasera dormirò in una posada vicino all’aeroporto di San Paolo, uno scalo tecnico per trovare una combinazione di volo soddisfacente. Viaggiare come ho fatto io è bello ma anche complicato. Spostarsi da un paese all’altro richiede il disbrigo di moduli di immigrazione. Prima di entrare in un paese bisogna essere in grado di esibire anche un biglietto di uscita per cui sei costretto a decidere prima, non puoi improvvisare gli spostamenti. Ogni paese ha le sue regole e restrizioni, aumentate anche con il Covid. I controlli in dogana a volte sono estenuanti. In Argentina è obbligatorio esibire un’assicurazione sanitaria. Ho trovato sempre persone disponibili, educate e gentili. Non ho mai temuto situazioni di pericolo, ho evitato a priori circostanze potenzialmente critiche. Per una donna viaggiare da sola in certi paesi comporta qualche rischio in più, e questo è veramente brutto e avvilente. I pericoli ci sono, nelle zone isolate o nelle ore notturne. Ci sono anche per gli uomini, ma in misura minore. Il luogo preferito tra quelli visti? Non lo so. Ho mescolato tutto insieme e il piatto è buono così, come un pasticcio. Oltretutto le mie possono essere solo delle impressioni superficiali vista la brevità delle mie soste. Sicuramente, per me che amo la natura, gli spazi infiniti americani mi hanno lasciato senza fiato, in particolare il giorno in cui ho attraversato Death Valley. Le persone più calorose forse le ho incontrate in Colombia. La città più strana? Las Vegas. La cucina migliore? In Messico. Le ragazze più belle? Panamà. La città in cui vivrei? Buenos Aires. Costa Rica? La sceglierei per gli spazzolini da denti.

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